Gressoney - 2019/07/27 18:24:26 _____________________________________________________________ Ascose dalle brume del mattino, le impervie giogaie pigramente si scrollavano dai fianchi le loro notturne indolenze finché diradate, le prime con le seconde, il chiarore dell’alba annunziava giornata di pugna le vette dall’alto assistendo mute e immote ai meticolosi approntamenti dei trecento impavidi per quanti di questi sarà giorno di gloria? per quanti di disdoro? _____________________________________________________________ Ai nastri di partenza ciascuno ha il proprio pensiero, percorre con la mente ogni erta e ogni dirupo, varca ruscelli di acque saltellanti, si aggrappa a una roccia e si trae a un ramo, misura il passo su rocce affioranti dal suolo compatto, si lancia su prati smeraldi, salta radici e schiva ostacoli con fiera eleganza, sente fiaccare i ginocchi sui compatti graniti delle refrenande discese. E intanto si confonde nel gruppo folto degli altri partenti, celiando coi suoi più vicini, come vecchi commilitoni che si ritrovino per una ennesima battaglia, consapevole di cosa lo attende lassù sulle vette e poi giù nella valle, ancora su e poi ancora giù, e ancora e ancora fintanto che il sole abbia compiuto l'intero tragitto visibile; o al contrario, guatandosi intorno con occhio adombrato, oppure vagamente assente, comunque solitario. Se è spavalderia, essa è solo per esorcizzare; se è deferenza, ve n’è tutta la ragione. Eppure al via si lanciano in molti senza calcolo, senza accortezza, fidando che il subitaneo sforzo venga ripagato dalla posizione più consona per attaccare il sentiero stretto della imminente salita; ma tra gli ignari, non pochi saranno attesi lungo la via a dare conto di tanto scellerato iniziale entusiasmo. La prima salita, la più lunga invero se non la più temuta, è infatti già inequivoco messaggio ai precipitosi, che non giunti alla sua metà ansimano sin troppo per trovarsi a un solo decimo di gara, e si fermano al culmine di una svolta sostenendosi sulle ascelle infitte nei bastoni d'ausilio. Quanti altri in seguito pagheranno la baldanza, l'esuberante avvio, accasciati su un sasso a testa china a meditare la propria vanità! Viene immediata la metafora della vita, che all’aumentare delle salite e delle discese premia la temperanza a discapito dell’irruenza. E cos’altro è, se non pura resilienza, ogni sforzo ulteriore nell’ascesa, richieste le mani a far leva sulle cosce divampanti, implorando con voce muta la discesa; e cos’altro la discesa interminabile che strazia a tal punto da far agognare i morsi della successiva salita? Stille di sudore venano il volto sofferente, che lento svanisce nel proprio teschio. A coloro che ne chiedono il senso, lasceremo ribattere il quotidiano Sisifo che inconsapevoli essi albergano. Si motteggia per ischerzo che successo dell’impresa è uscirne vivi, ciò che accade in verità è scoprirsi per il tramite di essa redivivi. ________________________________ ________________________________